sabato 9 maggio 2009

Arditezza, tecnica ed industria nel paesaggio agricolo


Fino al 2 giugno è in corso alla Pinacoteca di Brera la piccola e molto filologica mostra "La sala dei paesaggi", ricostruzione dell'aula dedicata al nuovo insegnamento della pittura di paesaggio, così come si presentava nel 1822. La mostra è per la verità una precisa e garbata ricerca filologica, che appuntabile correttezza aggiunge un tassello allo studio della pittura di paesaggio in Lombardia, benchè per le sue piccole dimensioni perda di slancio e di visione globale.


La mostra risulta essere però l'occasione di un incontro interessante, quello con Marco Gozzi (1759-1839) e con il suo Ponte di Creola sulla strada del Sempione, 1821. L'opera realizzata dall'artista ormai sessantenne racconta un cambiamento significativo nella lettura del paesaggio, lasciando trasparire sotto questa mostra a Brera un'altra possibile chiave oltre a quella esposta in catalogo. Nella raffigurazione del paesaggio influenzato dalle scelte di Eugenio de Beauharnais, vicerè di Milano in epoca napoleonica, emergono non solo i segni del gusto romantico per il sublime importato in Italia, ma anche le prime tracce dell'industria lombarda e del progresso ottocentesco che lasciano spazio a raffigurazioni di porti e magazzini. Se tale raffigurazione dell'ambiente artificiale trova in epoca napoleonica una giustificazione politica, diverso risulta il caso di Marco Gozzi.


Il lavoro di Gozzi realizzato a sei anni di distanza dalla caduta di Napoleone, pur ponendosi in linea con l'intento tecnicistico dell'Impero, racconta la storia di un trapasso: il ponte di Creola, sublime costruzione napoleonica giace ora ammuffito e con i vetri rotti, come ad indicare la conclusione di un'epoca, ma nel contempo l'artista ammira compiaciuto quest'ardita costruzione quasi industriale. Nel 1820 l'incalzare dell'industria in Lombardia iniziava a farsi strada e il lavoro di Gozzi segna in qualche modo l'inizio di una rappresentazione di un paesaggio ricercatamente artificiale ed urbanizzato, una linea che avrebbe portato qualche tempo dopo alla pianificazione agricolo-industriale della pianura vercellese. Un paesaggio in cui l'uomo si stupisce compiaciuto del proprio progresso, in cui modifica il naturale con invenzioni e tecniche ardite: "La Fonderia di cannoni a Caionvico", dove le palle di cannonne accumulate a terra segnano il contesto fino quasi a renderlo surreale, o il "Ponte di Cassano" in cui si pone l'accento sull'ammodernamento del ponte romano.

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